Lo stemma di Leone XIV rivoluziona l’araldica

La Sala Stampa della Città del Vaticano ha pubblicato mercoledì 14 maggio 2025, sul proprio “Bollettino” quotidiano, la presentazione ufficiale e dettagliata dello stemma adottato dal nuovo pontefice Leone XIV.

bollettino
Il “Bollettino” della Sala Stampa della Città del Vaticano del 14 maggio 2014 con la presentazione ufficiale dello stemma di Leone XIV

LO STEMMA

Con il termine “stemma” ci si riferisce qui allo scudo e a ciò che su di esso è riprodotto, mentre con il termine “arme” ci si riferisce all’insieme di stemma ed ornamentazioni esterne

La comunicazione era attesa dagli “addetti ai lavori” per sciogliere alcuni dubbi interpretativi sorti in occasione della diffusione della prima immagine dello stemma e non chiariti dalle prime sommarie spiegazioni.

In particolare non era certa la lettura del colore del secondo campo dello stemma papale (quello inferiore); lo stemma papale infatti riprende l’emblema araldico che Leone XIV ha utilizzato da vescovo, e tale stemma prevedeva il campo in questione come d’argento.

prevost
Disegno Alejandro Rojas: Stemma del cardinal Prevost Robert Francis – “Tagliato: nel 1° d’azzurro al giglio d’argento; nel 2° d’argento, all’emblema agostiniano dato da un libro chiuso, posto in fascia, al naturale, attraversato da un cuore infiammato e trafitto da una freccia in sbarra, il tutto di rosso”. (Blasonatura Centro Studi Araldici)

Per i meno edotti in materia, ricordiamo che in araldica il bianco (o grigio) e il giallo “non esistono”, infatti tali colori vengono utilizzati per rappresentare rispettivamente l’argento e l’oro laddove per qualunque ragione non si possa, non si riesca o non si vogliano utilizzare appunto l’argento e/o l’oro (si veda in merito in particolare il “Vocabolario Araldico Ufficiale” di Antonio Manno, adottato prima dalla Consulta Araldica del Regno d’Italia, poi dall’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, e l’ “Enciclopedia Araldico-Cavalleresca” di Goffredo di Crollalanza).

Date queste premesse ci si attendeva dunque che anche nello stemma papale il secondo campo dello scudo apparisse bianco (o grigio o argentato), ed invece ci si è trovati d’innanzi ad un giallo molto leggero.

Tenuto conto che in araldica le tonalità cromatiche non sono considerate (quindi i vari colori sono da intendersi in maniera assoluta), il dubbio che ci si è posti è stato quello che lo smalto della partizione fosse stato mutato da argento ad oro, sebbene la rappresentazione del “color” oro in questo caso si distaccasse nettamente dalla tonalità oro utilizzata per alcuni elementi delle ornamentazioni esterne allo scudo.

In alternativa si è ipotizzato che si trattasse sempre di un argento, reso però con una certa licenza artistica da parte del disegnatore, con il succitato giallino.

Una terza ipotesi – che però non ha trovato molti sostenitori – ha anche contemplato l’ipotesi che potesse trattarsi di una qualche forma di colore “al naturale” (locuzione con cui nell’araldica più tarda si indicano colori estranei alla tavolozza dei colori araldicamente ortodossi, per ammettere e descrivere colorazioni di elementi reali, che ne riprendessero il cromatismo che li caratterizza in natura, nella realtà appunto).

Ordunque la blasonatura ufficiale diramata mercoledì ha sciolto ogni dubbio, e non manca di sorprendere.

Leone XIV
Stemma di Leone XIV: “Tagliato: nel 1° d’azzurro a un giglio d’argento; nel 2° di bianco, al cuore ardente e trafitto da una freccia posta in sbarra, il tutto di rosso e sostenuto da un libro al naturale”. (Blasonatura ufficiale)

Come si può leggere nella blasonatura ufficiale qui sopra riportata, il campo inferiore dello scudo viene blasonato come “bianco“.

Si tratta di un’indicazione che non può essere presa come “impropria” (ricordiamo quanto sopra richiamato, ovvero che in araldica il “bianco” “non esiste”), utilizzata per indicare in realtà l’argento; tale ipotesi è da escludersi perchè nella medesima blasonatura la definizione di “argento” è presente, ed indica un altro elemento dello stemma (il giglio) reso con un colore differente (un grigio). Non esiste dunque confusione nè visiva nè terminologica, si tratta proprio di due cose diverse: nello stemma di Leone XIV, il giglio è d’argento (reso con il grigio), e la partizione inferiore dello scudo è bianca (reso con un giallino tenue), cosa che non accadeva nell’originario stemma di monsignor Prevost, dove i due elementi erano rappresentati con lo stesso colore (non ci è stato però possibile reperire la specifica blasonatura).

Si tratta di una rivoluzione che scardina alcuni elementi portanti dell’araldica internazionale.

Va precisato che tal volta l’araldica è anche chiamata la “scienza delle eccezioni”, dati i numerosi casi che ripetutamente nella storia hanno violato ora una, ora un’altra – ma complessivamente tutte – le “regole” e le tradizioni di tale disciplina. Ma per lo più tali “violazioni” sono state classificate quali eccezioni appunto (in passato gli stemmi portatori di tali situazioni venivano anche indicati come “sotto inchiesta”), frutto magari di iniziative personali, senza che però di norma abbiano stabilito nuove regole, anche perchè il linguaggio araldico è internazionale, e privo di un’autorità regolatrice superiore che possa imporre innovazioni poi universalmente passivamente accettate. Così qualche isolato caso di stemmi che abbiano usato fra i propri smalti il bianco, vi è stato (vi è almeno un caso ampiamente documentato, quello dell’emblema araldico dei domenicani), ma non ricordiamo alcun araldista che non l’abbia considerato un’eccezione ed un’anomalia, di cui magari metterne in dubbio anche la consapevolezza.

Nel caso dello stemma di Leone XIV invece pare trattarsi di una scelta consapevole, non sappiamo se da parte del titolare (ovvero di Sua Santità), o di chi lo ha assistito nell’elaborazione dell’arme (che secondo indiscrezioni qualificate dovrebbe essere don Antonio Pompili, curatore anche della comunicazione pubblicata dal “Bollettino”, vicepresidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano – IAGI, e coautore del “Manuale di araldica ecclesiastica“).

Del resto don Pompili, in qualità di vicepresidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano, rappresenta uno dei più autorevoli enti araldici italiani, caratterizzato da un atteggiamento per così “modernizzante” la materia, tanto farsi propugnatore ad esempio dell’introduzione dei codici Pantone per indicare i colori in araldica, e fautore dell’impiego di oggetti contemporanei nella realizzazione di nuovi stemmi. Proprio tale ente ha pubblicato il “Dizionario araldico IAGI“, curato dal professor Carlo Tibaldeschi, cui pare attingere il successivo “Manuale di Araldica Ecclesiastica” realizzato a quattro mani da don Pompili con il cardinal Cordero Lanza di Montezemolo, autorevole araldista ecclesiastico e vaticano. Ebbene tali opere, pur riconoscendo la tradizionale classificazione dei colori araldici (che non contempla in alcun modo il bianco se non come alias dell’argento), prevedono una voce dedicata al vocabolo “bianco“, ed in essa riconoscono tale colore come distinto dall’argento, in particolare nel Manuale (pagina 104) si scrive: “Pur sostituendo frequentemente l’argento anche in rappresentazioni cromatiche di stemmi, non ne è affatto un sinonimo“; un’affermazione che contraddice tutti i manuali di araldica e rivendica l’autonomia “esistenziale” del bianco, e la sua “emancipazione” a colore autonomo.

Se all’araldista non sfugge la portata rivoluzionaria di tale trasformazione, vale la pena evidenziarne almeno alcuni aspetti essenziali per chi conosce meno la materia, infatti non si tratta solo e “semplicemente” di introdurre un colore “nuovo”, prima non contemplato da questa millenaria disciplina, ma di andare a modificare l’approccio con cui si possono comporre gli stemmi e il modo in cui riprodurli (o meglio “colorarli”), creando inoltre non pochi problemi per la “lettura” del patrimonio araldico già esistente.

Ma andiamo per gradi. Va innanzitutto ricordato che tradizionalmente i “colori” in araldica sono pochi, ben definiti, e divisi in due gruppi: cinque smalti (azzurro, rosso, nero, verde e – con qualche discussione – porpora) e due metalli (oro e argento), cui eventualmente vanno aggiunte due pellicce (vajo e armellino). Altri colori (come il già citato “al naturale”) – comunque da considerarsi smalti -, sono spurii e propri dell’araldica meno antica, e tal volta rifiutati. Ebbene, per ragioni storiche e tecniche, nella composizione degli stemmi è “vietato” accostare due campi, o sovrapporre due elementi dello stesso “gruppo”; quindi non è possibile avere ad esempio un leone d’argento su un campo d’oro, o un castello rosso su un campo azzurro. Tale “regola” è spesso messa in discussione da araldisti contemporanei, ma è prevalente nell’araldica storica, e ancora rispettata da molti araldisti che conoscano la materia (discorso a parte meritano coloro che si dedicano alla composizione di uno stemma in maniera estemporanea, e che quindi semplicemente non conoscono tale “regola”). L’introduzione del bianco come colore autonomo altera tale equilibrio e pone il tema se sia opportuno collocarlo tra gli smalti o tra i metalli (essendo chiaro parrebbe più opportuno collocarlo tra i metalli, ma si tratta di una valutazione necessariamente soggettiva).

Come accennato una conseguenza pratica si ha anche per quanto riguarda le modalità con cui si vanno a riprodurre, o meglio a “colorare” gli stemmi; infatti – come accennato – per secoli, al fine di soddisfare esigenze operative, si è tranquillamente utilizzato il bianco per rappresentare l’argento; se il “bianco” acquista una propria autonoma identità, per riprodurre l’argento sarà necessario ricorrere esclusivamente all’argento stesso o al grigio, onde evitare poi l’impossibilità di comprendere se il bianco presente in uno stemma voglia rappresentare appunto il bianco, o – alla vecchia maniera – l’ argento, togliendo di fatto un’utile ed efficace soluzione per quelle esigenze pratiche che da quasi un millennio hanno fatto usare il bianco per rappresentare l’argento.

Ma probabilmente l’aspetto più delicato è quello relativo alla lettura di uno stemma: come sopra accennato, quando ci si troverà d’innanzi ad un elemento araldico bianco, come lo si dovrà interpretare ? come un bianco (appunto) o come un argento ? Per gli stemmi del passato il problema non si pone (sempre che si conosca l’innovazione in questione e la data della sua introduzione), ma per le nuove riproduzioni diviene questione oggettivamente significativa; senza poi contare che bisogna capire l’ambio applicativo di tale innovazione, se cioè potrà interessare solo l’araldica ecclesiastica cattolica o anche quella di altre confessioni, quella civica e quella familiare, e a quali paesi si potrà estendere, con l’importante distinzione che in alcuni paesi vi sono autorità pubbliche che potranno esprimersi in merito, in altri no, creando – in questi ultimi – una situazione di anarchia in cui ciascuno potrà lecitamente fare ciò che più riterrà opportuno.

Per tutte queste ragioni, qui si ritiene preferibile considerare anche l’emblema araldico di Leone XIV come un’anomalia ed un’eccezione, che ci si augura possa magari essere rivista, come già accadde con lo stemma di papa Francesco, modificato nelle settimane successive alla sua presentazione.

Ma non è finita qui. Riportiamo di seguito il testo dell’intero comunicato, evidenziando in rosso un altro passaggio degno di nota:

Blasone
Tagliato: nel 1° d’azzurro a un giglio d’argento; nel 2° di bianco, al cuore ardente e trafitto da una freccia posta in sbarra, il tutto di rosso e sostenuto da un libro al naturale.

Lo scudo timbrato da una mitra d’argento, ornata di tre fasce d’oro unite da un palo dello stesso, con le infule svolazzanti, foderate di rosso, crocettate e frangettate d’oro, e accollato alle chiavi petrine decussate e addossate, quella in banda d’oro e quella in sbarra d’argento, legate da un cordone di rosso.

Motto
IN ILLO UNO UNUM.

Spiegazione:
Lo stemma del Santo Padre Leone XIV innalza in una campitura d’azzurro, colore che richiama le altezze dei cieli e si caratterizza per la sua valenza mariana, un classico simbolo in riferimento alla Beata Vergine Maria, il giglio (flos florum).

Nell’altra campitura, di colore bianco si staglia l’emblema dell’Ordine Agostiniano, un cuore ardente trafitto da una freccia. Tale figura rappresenta simbolicamente le parole di Sant’Agostino riportate nel libro delle Confessioni: «Sagittaveras tu cor meum charitate tua», («Hai ferito il mio cuore con il tuo amore»). Si tratta di un elemento che dal XVI secolo in poi sarà sempre presente nell’emblema degli agostiniani, pur con le diverse varianti, quale la presenza del libro simboleggiante la Parola di Dio che può trasformare il cuore di ogni uomo, come è stato per Agostino. Il libro richiama altresì le illuminate opere che il Dottore della Grazia ha donato alla Chiesa e all’umanità. Il bianco (nello stemma papale in tonalità avorio), è un colore che ritorna in altri stemmi di ordini religiosi, e si può leggere come simbolo di santità e di purezza.

Il motto, «In Illo uno unum» («Nell’unico Cristo siamo uno»), riprende le parole di sant’Agostino ha pronunciato in un sermone, l’Esposizione sul Salmo 127, per spiegare che «sebbene noi cristiani siamo molti, nell’unico Cristo siamo uno».

don Antonio Pompili
Vicepresidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano
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Con l’indicazione “Il bianco (nello stemma papale in tonalità avorio)” non solo si spiega come mai il bianco del secondo campo non sia bianco, ma – in armonia con la proposta di ricorrere ai codici Pantone per indicare i colori negli stemmi – si introduce in araldica anche il concetto di tonalità cromatica, concetto estraneo all’araldica medioevale (quando la disciplina nacque i colori erano ottenuti artigianalmente e dunque le tonalità erano assolutamente varie e molto difficilmente ripetibili), ed uno degli elementi caratterizzanti questa particolare forma espressiva, con tutte le conseguenze del caso.

D’altro canto tale soluzione potrebbe anche essere il tentativo dell’araldista (don Antonio Pompili) di mediare tra le richieste del committente (Leone XIV), e le “regole” dell’araldica; evitando di utilizzare un bianco di color bianco, si ovvia al fondato rischio di rendere incomprensibile il colore reale dello stemma (argento o bianco ?). Ma temiamo che il doveroso riserbo di don Pompili in merito, potrebbe lasciare la questione aperta.

LE ORNAMENTAZIONI ESTERNE

Alla luce di tutto ciò, le pur importanti scelte operate relativamente alle ornamentazioni esterne allo scudo, e di cui già si è scritto, sotto il profilo araldico perdono rilevanza, conservandolo però sotto quello “politico”, e quindi brevemente le richiamiamo:

E’ infatti da registrare come dopo Benedetto XIV e Francesco, Leone XIV sia il terzo pontefice che in maniera consecutiva rinuncia alla tiara nel suo emblema personale, a vantaggio di una mitra, su cui la tiara viene comunque evocata attraverso la presenza di tre fasce d’oro. Una scelta criticata da molti osservatori (non solo da araldisti), in quanto la tiara – a differenza della mitra – indica la posizione di sovrano del pontefice rispetto al pur piccolissimo Stato Vaticano, posizione che però non viene abbandonata, ma non più rappresentata nello stemma.

Sebbene tale scelta non sia stata formalizzata da alcuna norma, riteniamo che la continuità attraverso tre diversi ma consecutivi pontificati, la possa far considerare come una scelta ormai acquisita da parte dell’araldica ecclesiastica cattolica.

Degne di nota poi altre due scelte operate nella definizione dell’emblema, ovvero quella di rinunciare al pallio (paramento liturgico di lana bianca, a forma di fascia, indossato dagli arcivescovi metropoliti) introdotto nello stemma dal solo Benedetto XIV e già abbandonato da Francesco, e la conferma di un motto ai piedi dello stemma, come innovato da papa Francesco.

LO STILE GRAFICO

Come scritto nei giorni scorsi su queste stesse pagine, la qualità grafica del bozzetto utilizzato per la presentazione dello stemma del nuovo pontefice, è stata criticata, in maniera più o meno severa, da diversi osservatori; tralasciando qui le valutazioni più soggettive di chi si è espresso in merito, è un dato di fatto che l’impostazione utilizzata nella raffigurazione del cuore che si sovrappone al libro, e i cromatismi scelti per tale composizione, ne rendano difficile la lettura; un leggero slittamento del cuore verso l’alto, e tonalità diverse per cuore e libro, con un reciproco maggiore contrasto, potranno migliorarne la lettura. Ma si tratta di scelte del tutto soggettive, e a riguardo l’araldica lascia libertà di scelta ad ogni disegnatore che si troverà a riprodurre tale stemma, il quale, avendo a disposizione più tempo di quanto avuto da chi ha curato il bozzetto in questione, potrà anche sviluppare più ipotesi fra cui poi scegliere quella più efficace.


Scheda biografica
Don Antonio Pompili

Pompili

Don Antonio Pompili è nato a Roma il 16 ottobre 1974.

Dopo la maturità, è entrato, nel settembre del 1993, al Pontificio Seminario Romano Maggiore svolgendovi gli studi filosofici (presso la Pontificia Università Lateranense) e teologici (presso la Pontificia Università Gregoriana). Il 25 aprile 1999 è stato ordinato sacerdote da San Giovanni Paolo II, nella Basilica Vaticana.

Ha esercitato il suo ministero sacerdotale presso le parrocchie dei Santi Mario e Compagni Martiri alla Romanina, San Pio V all’Aurelio, e San Martino I Papa, prima come vicario parrocchiale e poi come parroco.

Vicepresidente dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano, è considerato fra i massimi esperti viventi nel campo dell’araldica ecclesiastica, ed è anche un apprezzato disegnatore di emblemi araldici.

Fra le sue realizzazioni si segnalano in particolare il “Manuale di araldica ecclesiastica” e il corso in streaming “L’araldica un linguaggio antico e sempre attuale”, oltre a numerosi contributi apparsi su diverse pubblicazioni; don Pompili è inoltre uno dei moderatori del forum IAGI “I nostri avi”.
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Scheda di approfondimento
L’araldica ecclesiastica

L’araldica ecclesiastica è una specifica branca dell’araldica che si occupa degli stemmi appartenenti a persone o istituzioni del mondo ecclesiale, stemmi caratterizzati da ornamentazioni esterne sostanzialmente costanti e che esprimono un preciso codice giuridico, in grado di rendere immediatamente identificabile grado e funzione del titolare.

Limitatamente all’araldica della Chiesa Cattolica, gli elementi essenziali di tale codice sono:

La tiara o triregno è l’ornamento araldico ad uso esclusivo del Papa, che sormonta il relativo stemma, ed è costituita da un copricapo a forma di cupola che sorregge tre corone sovrapposte. Benedetto XVI e Francesco hanno sostituito la tiara con una mitra caricata di tre fasce d’oro che richiamano le originarie tre corone.

Il galero, ovvero il cappello ecclesiastico è un cappello da pellegrino con la tesa molto lunga e due cordoni laterali che terminano con una serie di fiocchi o più propriamente nappe. Posto sulla sommità ornamento dello scudo il galero consente l’immediato riconoscimento del grado del titolare dello stemma grazie al colore e al numero delle nappe o fiocchi.

Il colore del galero (di norma il medesimo delle nappe) indica:
> rosso per i cardinali;
> verde per gli arcivescovi, i vescovi e i patriarchi;
> paonazzo per i monsignori;
> nero per i presbiteri.

Il numero di nappe per lato indica:
> 15 nappe rosse per i cardinali;
> 15 nappe verdi per patriarchi e primati;
> 10 nappe verdi arcivescovi;
> 6 nappe verdi vescovi e abati mitrati;
> 6 nappe paonazze cappellano di Sua Santità;
> 6 nappe nere vicario generale, vicario episcopale, abate;
> 3 nappe parroco;
> 1 nappa presbitero.

Le Chiavi sono raffigurate incrociate, una d’oro a destra e un’altra d’argento a sinistra, con le impugnature rivolte verso il basso. Si pongono dietro o sopra lo scudo papale.

La croce posta in palo dietro lo scudo, può essere:
> semplice cioè ad una traversa per i vescovi
> doppia cioè a due traverse per i cardinali, i patriarchi e gli arcivescovi.

Stemma papale base
Impostazione classica di un stemma papale
Stemma cardinalizio base
Impostazione classica di uno stemma cardinalizio di un arcivescovo
Stemma arcivescovile base
Impostazione classica di uno stemma arcivescovile

Stemma vescovile base
Impostazione classica di uno stemma vescovile

Stemma di vicario base
Impostazione classica di uno stemma di un vicario episcopale

Stemma di parroco base
Impostazione classica di uno stemma di un parroco

Stemma di sacerdote base
Impostazione classica di uno stemma di un sacerdote


Accanto a questi elementi principali ve ne sono altri di uso più limitato, come pure vi sono ulteriori configurazioni specificatamente riservate a cariche meno note, e non mancano un certo numero di eccezioni e deroghe concesse a titolari di cariche legate ad istituzioni specifiche.

I disegni di questa scheda sono stati realizzati da Teresa Morettoni e Davide Bolis (per il solo stemma vescovile).
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Leone XIV
Stemma di Leone XIV: “Tagliato: nel 1° d’azzurro a un giglio d’argento; nel 2° di bianco, al cuore ardente e trafitto da una freccia posta in sbarra, il tutto di rosso e sostenuto da un libro al naturale”. (Blasonatura ufficiale)
16 Maggio 2025
Raffaele Coppola

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