Il Principe Don Jaime di Borbone delle Due Sicilie a Noto

Sento il profumo della grazia divina spandersi e riempire di gioia e misericordia evangelica i cuori oranti del popolo santo di Dio che nella ritrovata bellezza di questa nobile e santa casa del signore oggi accoglie il suo nuovo pastore”. Sono le parole con cui il neo Vescovo di Noto, Mons Salvatore Rumeo, il 18 marzo 2023 ha salutato i fedeli e cittadini alla fine del Rito Solenne, nel quale ha ricevuto l’ordinazione episcopale e ha preso possesso canonico della Chiesa netina.

La città di Noto aveva accolto Mons. Rumeo già dalle prime ore della mattina nella via principale di Noto, che dalla Real Porta Ferdinandea – ove è in bella vista la targa che ricorda la cittadinanza onoraria conferita al Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, S.A.R. il Principe Don Pedro di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Calabria, Conte di Caserta, Capo della Real Casa della Due Sicilie – porta alla Cattedrale di San Nicolò e a Palazzo Ducezio, sede del Municipio. Qui, Mons. Rumeo ha ricevuto il saluto del Sindaco di Noto, Corrado Figura, alla presenza degli altri Sindaci dei nove comuni della Diocesi di Noto.

Nel suo saluto alla città, Mons. Rumeo ha rimarcato la volontà di “un rapporto di collaborazione solidale” con le Istituzioni, “per la crescita e il bene del nostro amato popolo”, volendo perseguire uno stile di apertura, di pieno dialogo e disponibilità “nello spirito dell’amicizia, del reciproco riconoscimento, nel rispetto delle nostre autonomie e identità”. Ha parlato di tempi difficili, ma anche di speranza, di concretezza, di sinergia tra Chiesa e Istituzioni; ma perché tutto questo sia realizzabile, diventa necessario “mettere insieme le nostre forze per dare segni concreti di vicinanza e di sostegno a tutta la collettività, perché la speranza non sia qualcosa di utopico ma prospettiva concreta che si traduce quotidianamente in progetti dove al centro non ci siano gli interessi di pochi ma il bene di tutti”. Mons. Rumeo ha spostato sua attenzione poi su quelle condizioni sociali “attraversate dalla crisi e da varie fragilità”, auspicando per il nostro territorio, dove non mancano crisi e povertà, “un processo economico che metta al centro la vita e i sogni delle famiglie”. Cuore del suo discorso alla città è stato “mettere al centro il valore della persona”, in un atteggiamento di “custodia” dell’altro, che “vuol dire stare accanto all’altro con attenzione d’amore, rispettando e accompagnando il suo cammino, facendosene carico, coltivando la sua vita come bene assoluto”. Mons. Rumeo ha evidenziato che “custodire, dunque è un atteggiamento che chiede una necessaria limitazione di sé, della propria forza, la limitazione del desiderio che spinge l’uomo a impossessarsi di un’altra vita per poter vivere”.

La solenne Concelebrazione Eucaristica con i Vescovi di Sicilia nella Cattedrale è stata presieduta dal consacrante principale, Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta, la diocesi di origine di Mons. Rumeo, co-consacranti Mons. Antonio Staglianò, Vescovo emerito di Noto e Presidente della Pontificia Accademia di Teologia; Mons. Francesco Lo Manto, Arcivescovo di Siracusa; e Mons. Giuseppe La Placa, Vescovo di Ragusa. Dopo di loro, anche gli altri vescovi hanno imposto le mani, in un clima di silenzio e di forte emozione.

Presente alla solenne cerimonia liturgica, S.A.R. Il Principe Don Jaime di Borbone delle Due Sicilie, Duca di Noto, Gran Prefetto del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, accompagnato dai Delegati di Sicilia Occidentale e Orientale, i Cavalieri di Gran Croce di Giustizia, Nob. Prof. Salvatore Bordonali di Pirato e Nob. Ferdinando Testoni Blasco. Alla fine del rito nel verbale, poi firmato dai vescovi presenti, si è data testimonianza della presenza del Duca di Noto, primogenito farnesiano della Famiglia Reale delle Due Sicilie, che è molto legata alla città di Noto, in quanto rappresentativa della dinastia, tant’è che costituisce il titolo dell’erede della dinastia.

Terminata la Celebrazione Liturgica, attraversando la navata centrale della Cattedrale, il neo Vescovo di Noto benedicendo ha fatto un vero e proprio bagno di folla, immagine molto eloquente del suo desiderio di “immergersi” presto nella vita del suo popolo.

Infine, Mons. Rumeo ha pronunciato le seguenti parole: “Chiedo di pregare per me, perché il Signore mi conceda di essere un Pastore mite e buono, sempre docile all’azione dello Spirito Santo per vegliare sul popolo oggi affidatomi, prendendomi cura di tutti con cuore misericordioso, attento e premuroso”. Nelle sue parole il sogno di una Chiesa “capace di parlare il linguaggio della fiducia, della libertà, e soprattutto dell’amore”. Un pensiero speciale ha rivolto ai suoi amati giovani, quelli di Caltanissetta e ora quelli della sua diocesi desiderosi di conoscerlo. Per loro Mons. Rumeo auspica “una Chiesa che crede nei giovani, che condivida i loro passi e abbia il coraggio di un annuncio credibile del Vangelo di Cristo. E con voi cari giovani netini io voglio camminare, sognare, annunciare e costruire comunità che siano veramente segno della presenza di Cristo”. Infine un ricordo commosso del Servo di Dio Nino Baglieri, figlio di questa diocesi e di cui è in corso la causa di beatificazione. Monsignor Rumeo ricevette una sua lettera il 21 giugno del 1990, quando era prete da pochi giorni, nella quale Nino gli assicurava la sua preghiera, per poter essere un prete santo.

Le due giorni in Sicilia di Don Jaime sono iniziate nella bellissima cittadina barocca il giorno prima, venerdì 17 marzo con l’incontro privato al Palazzo Vescovile alle ore 12.00, con la consegna a Mons. Rumeo del diploma di Cappellano di Gran Croce Jure Sanguinis concesso dal Gran Maestro e delle relative insegne, come già annunciato in una precedente visita della Delegazione della Sicilia Occidentale a Caltanissetta.

Durante una breve cerimonia in Episcopio, il Delegato della Sicilia Occidentale ha proceduto alla lettura del diploma. Poi, il Gran Prefetto ha consegnato a Mons. Rumeo le insegne e un messaggio del Gran Maestro, suo padre, che ha confermato il sostegno della Famiglia Reale delle Due Sicilie e dell’Ordine Costantiniano alla diocesi e alle opere di carità nell’azione pastorale del suo vescovo. Al termine, il Duca di Noto ha donato a Mons. Rumeo un prezioso dipinto fatto a mano del suo stemma, con pendente la Gran Croce Costantiniana, segno dell’alto onore tributatogli. Il Vescovo ha ringraziato il Principe Jaime e gli ha omaggiato il volume di meditazioni da lui scritto. Il Vangelo della Misericordia.

Alle ore 14.00, durante una colazione alla quale ha partecipato in forma privata in una atmosfera cordiale e collaborativa, il Sindaco di Noto ha illustrato il suo programma di governo, accennando alle più importanti realizzazioni e ai progetti futuri, sia quelli già in cantiere che quelli da realizzare. Il Principe Jaime, ricordando le diverse attività benefiche e caritative sostenute dall’Ordine Costantiniano, ha da subito offerto la disponibilità a proseguire nelle opere d’aiuto a Noto ed ai netini, convergendo con l’attenzione che il Sindaco Fortuna ha posto sui quartieri e le zone della Città meno agiate e bisognose di vicinanza dell’Istituzione, specialmente alle giovani generazioni. Si è poi affrontata la politica sul turismo, che rappresenta la magna pars dell’economia netina. Alla fine della colazione si sono dati appuntamento a Palazzo Ducezio.

Alle ore 17.30 è iniziata la visita ufficiale alla città di Noto, con l’ingresso del Principe Jaime e del suo seguito, presente il Nob. Prof. Salvatore Bordonali, a Palazzo Ducezio per recare il saluto istituzionale della Real Casa delle Due Sicilie al Sindaco di Noto Corrado Figura con la fascia tricolore recante lo stemma ducale, e la Giunta Comunale in convocazione straordinaria per accogliere l’illustre ospite. Dopo la visita del Palazzo, si è proceduto alla firma del Libro d’Onore, allo scambio dei doni e al brindisi finale.

In serata, l’erede primogenito della dinastia farnesiana si è recato a Siracusa, a Palazzo Beneventano del Bosco, dove ha presieduto un ricevimento in proprio onore offerto da Don Pietro Beneventano del Bosco, Barone di Monteclimiti, al quale ha consegnato, accogliendolo nell’Ordine Costantiniano, il diploma di Cavaliere di Giustizia.

Si è notato che la Diocesi di Caltanissetta da qualche tempo è sotto l’occhio attento di Papa Francesco, che nel giro di pochi mesi ha scelto ben due sacerdoti nisseni per la guida di importanti diocesi siciliane: Mons Giuseppe La Placa a Ragusa e Mons Salvatore Rumeo a Noto. Quindi, nello stesso Duomo di Noto, al termine della consacrazione episcopale di Mons. Rumeo, il Principe Jaime ha consegnato a Mons. La Placa il diploma e le insegne della Gran Croce Costantiniana, alla presenza dei due Delegati della Sicilia.

Con l’occasione, il Duca di Noto ha espresso a Mons. La Placa il desiderio di visitare a breve la Diocesi di Ragusa, che ha per patrono San Giorgio che è anche il patrono dell’Ordine Costantiniano. Il Vescovo di Ragusa, ringraziandolo della attenzione, gli ha risposto che sarà un onore riceverlo. Il Principe Jaime ha incontrato anche l’Arcivescovo di Monreale, Mons Gualtiero Isacchi, comunicandogli una prossima visita in occasione di una attività benefica nella diocesi monrealese (uff. stampa SMOC-spagnolo).


Scheda di approfondimento
I Borbone

La dinastia dei Borbone (ma anche nella forma plurale Borboni) è una delle più importanti e antiche case regnanti del modo, costituendo un ramo cadetto della dinastia dei Capetingi.

Con le sue diverse ramificazioni, ed in alcuni casi con suoi singoli esponenti, hanno portato le corone di Francia, Napoli, Sicilia, Due Sicilie, Navarra, Sardegna, Etruria, Parma e Piacenza, Lucca, e tutt’oggi siedono ancora sui troni di Spagna e Lussemburgo.

Borbone delle due Sicilie



Il ramo denominato “delle Due Sicilie” si origina da Carlo di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna (re di Napoli e di Sicilia tra il 1700 e il 1713, ma anche re di Spagna tra il 1700 e il 1746, a sua volta capostipite della dinastia dei Borbone di Spagna) e della duchessa di Parma Elisabetta Farnese.
Carlo nel 1734, mentre era duca di Parma e Piacenza, durante la guerra con l’Austria, al comando delle armate spagnole conquistò il regno di Napoli e l’anno successivo il regno di Sicilia, sottraendoli agli Asburgo d’Austria. Tali dominii (che dal 1816 presero il nome “delle Due Sicilie”) gli furono riconosciuti con i successivi trattati di pace in cambio della rinuncia di ogni pretensione sul ducato di Parma e Piacenza.

A Carlo successero nell’ordine Ferdinando I, Francesco I, Ferdinando II e Francesco II, che fu spodestato dai Savoia nel 1861.

A Francesco II, nel ruolo di capo del Casato e pretendente al trono del Regno delle Due Sicilie, successero nell’ordine Alfonso, e Ferdinando Pio, che non lasciò discendenti maschi.

La disputa tra ramo spagnolo e ramo francese

In assenza di discendenti maschi di Ferdinando Pio, il ruolo di capo della Dinastia e pretendente al trono del Regno delle Due Sicilie passava dunque ad un fratello.

In base alle leggi successorie del casato, avrebbe dovuto succedergli il fratello Carlo Tancredi, o meglio il di lui figlio Alfonso Maria, essendo Carlo Tancredi premorto a Ferdinando Pio.
Nel 1901 però Carlo Tancredi aveva sottoscritto il cosiddetto Atto di Cannes, con cui aveva dichiarato di rinunciare all’eventuale successione alla Corona delle Due Sicilie.

Di conseguenza fu un altro Fratello di Ferdinando Pio a rivendicare il ruolo di capo della Dinastia e pretendente al trono del Regno delle Due Sicilie ovvero Ranieri.

La validità dell’Atto di Cannes firmato da Carlo Tancredi fu però contestata da Alfonso Maria (figlio dello stesso Carlo Tancredi) che dunque a sua volta rivendicò il ruolo di capo della Dinastia e pretendente al trono del Regno delle Due Sicilie.

Da allora si hanno due linee successorie contrapposte:

Linea successoria principale: Carlo – Ferdinando I – Francesco I – Ferdinando II – Francesco II – Alfonso – Ferdinando Pio

Linea successoria “francese”: Ranieri – Ferdinando – Carlo (padre di Maria Carolina)

Linea successoria “spagnola”: Alfonso Maria – Carlo Maria – Pietro (padre di Jaime)

Per approfondire: Borbone delle Due Sicilie: è scontro
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Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio (SMOC)

Croce costantiniana

Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio è un ordine equestre dinastico.

Secondo una tradizione leggendaria l’ordine fu fondato dall’imperatore Costantino il Grande nel 312 d.C., dopo la vittoriosa battaglia di ponte Milvio, che gli sarebbe stata propiziata dall’utilizzo come insegna e vessillo, del simbolo cristiano della X e della P sovrapposte (le iniziali di Cristo in greco) come da indicazione ricevuta in visione alla vigilia dello scontro armato. In conseguenza di ciò l’imperatore avrebbe affidato ai primi cavalieri il compito di ricordare l’evento e difendere il cristianesimo.

Le prime tracce documentali certe risalgono però alla fine del 1500, quando con una “breve” papa Giulio III ha riconosciuto la dignità di Gran Maestro dell’ordine ad Andrea Angelo Flavio Comneno. Il gran magistero dell’ordine passò poi ai Farnese con Francesco Farnese nel 1697. Passaggio importante fu poi quello del 1718, quando papa Clemente XI con una “bolla” ne riconobbe la natura dinastica in capo ai Farnese indicando due condizioni essenziali all’assunzione del Gran Magistero e cioè, essere discendenti dei Farnese ed essere duchi di Parma e Piacenza.

Nel 1731 morì senza eredi Antonio Farnese, ultimo duca di Parma, creando le premesse che hanno portato oggi l’ordine ad essere diviso in tre diversi rami.
Alla morte di Antonio Farnese dunque, il Gran Magistero, insieme al ducato, passò al cugino Carlo di Borbone, che sarebbe poi divenuto re di Napoli, ed infine re di Spagna con il nome di Carlo III, il quale assumendo il trono di Spagna lasciò la titolarità del ducato di Parma, ma non il gran magistero dell’ordine.
Carlo di Borbone asceso al trono di Spagna nel 1759 trasmise dunque corona di Napoli e gran magistero costantiniano al suo terzogenito Ferdinando Borbone Due Sicilie.
Il passaggio fu confermato nel 1763 da un “monitorio” di papa Clemente XIII.

Il Sacro Angelico Imperiale Ordine costantiniano di San Giorgio
Successivamente l’autonomia politica del Ducato di Parma fu ripristinata con l’assegnazione – da parte del Congresso di Vienna – del trono ducale a Maria Luisa d’Asburgo-Lorena (o Maria Luigia di Parma), che pur non essendo una discendente farnesiana, in quanto duchessa di Parma, ritenne di ripristinare l’Ordine Costantiniano “parmense” nel 1816.
Si crearono così due ordini omonimi.
A Maria Luisa d’Asburgo-Lorena succedettero i Borbone-Parma, che conservano il gran magistero di questo ordine costantiniano tutt’oggi, con la denominazione di “Sacro Angelico Imperiale Ordine costantiniano di San Giorgio”.
Lo SMOC “parmense” attualmente riconosce come Gran Maestro Sua Altezza Reale Carlo Saverio di Borbone Parma, principe di Borbone di Parma, in carica dal 2010.

Nel frattempo il gran magistero costantiniano dell’ordine trapiantato a Napoli ha continuato a godere del riconoscimento papale e ad essere tramandato all’interno della dinastia Borbone Due Sicilie sino ai nostri giorni.
Nel 1960 però si è aperta una disputa dinastico-successoria tra Alfonso Maria Borbone Due Sicilie (per il ramo cosiddetto spagnolo) e Ranieri Borbone Due Sicilie (per il ramo cosiddetto francese) che interessa sia il ruolo di Capo della Capo della Real Casa delle Due Sicilie (e dunque di Pretendente al Trono delle Due Sicilie) sia il gran magistero degli ordini dinastici del casato, fra cui l’ordine costantiniano.
Tale contenzioso ha portato ad avere due rami separati e distinti del medesimo ordine, uno genericamente indicato come “spagnolo” ed uno come “francese”.

Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio Spagna
Lo SMOC “spagnolo” riconosce oggi come Gran Maestro Don Pedro de Borbon y Orlean duca di Calabria, conte di Caserta, in carica dal 2015.

Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio Francia
Lo SMOC “francese” riconosce oggi come Gran Maestro Carlo di Borbone Due Sicilie, duca di Castro, in carica dal 2008.
Quest’ultimo ramo gode dello status consultivo del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite a New York, Ginevra e Vienna.

In tutte e tre le sue declinazioni l’Ordine Costantiniano, è riconosciuto dallo Stato Italiano come “ordine dinastico non nazionale” legittimamente conferibile, ed il suo uso sul territorio italiano è autorizzabile a domanda dal Ministero degli affari esteri.
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Foto SMOC: Monsignor La Placa, vescovo di Ragusa, riceve le insegne della Gran Croce Costantiniana da Don Jaime di Borbone delle Due Sicilie
22 Marzo 2023
Redazione

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