Brevi note su nobiltà, notabilità e araldica, con uno stemmario di famiglie dimoranti in Reggio Calabria e circondario
Per i cultori di araldica, e più in generale delle scienze documentarie della storia, la pubblicazione di nuovi libri su tali discipline, soprattutto quando a carattere locale, riveste sempre un notevole interesse, e per questo segnaliamo l’uscita a gennaio del volume “Brevi note su nobiltà, notabilità e araldica, con uno stemmario di famiglie dimoranti in Reggio Calabria e circondario“, curato da Francesco Biasi, e pubblicato da Fondazione Mediterranea – Editrice Sperimentale Reggina, sebbene però non si sia in grado di fornire significative informazioni aggiuntive.
L’opera infatti è accompagnata dal codice ISBN-13: 9788896857663, è accreditata di 82 pagine, ed è proposta a 15,00€, ma non ci è stato possibile reperirne copia, nè siamo riusciti a metterci in contatto con l’editore, che sul proprio sito Internet non presenta ancora il volume.
Dunque, fiduciosi di poter risultare più esaustivi in un prossimo futuro, per il momento ci limitiamo semplicemente a segnalarne l’uscita.
Disambigua Nobiltà e titoli nobiliari in Italia Con l’avvento della Repubblica in Italia, la rilevanza pubblica dello status nobiliare e dei titoli nobiliari italiani, sono sostanzialmente venuti meno, sebbene sia necessario distinguere fra stato nobiliare e titolo nobiliare di un individuo o di un casato. Tale distinzione è rilevante sia sotto il profilo storico che giuridico, poichè di norma i diversi ordinamenti nobiliari del Regno d’Italia, degli stati preunitari, e degli stati esteri, hanno sempre riconosciuto insita nell’individuo o nel casato la nobiltà, che l’autorità pubblica può o poteva riconoscere, ma non conferire, in quanto stato proprio della persona, indipendente dalla volontà altrui (come dire che un individuo è onesto, e lo è a prescindere da qualunque riconoscimento pubblico o privato che sia, e all’inverso non può diventare onesto unicamente perchè venga dichiarato tale da una qualunque autorità); al contrario il titolo nobiliare è o era di norma frutto di una concessione sovrana, in quanto legato all’affidamento di una determinata funzione o di un determinato incarico, oppure manifestazione pubblica di una benemerenza comunque concessa dall’autorità sovrana. Va da sé che se comunque un sovrano riconosce o ha riconosciuto come nobile un individuo indegno, può risultare alquanto complicato contestare tale riconoscimento. In Italia però l’avvento della Repubblica ha portato anche alla redazione di una nuova Costituzione che nella sua “XIV disposizione transitoria”, recita: “I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922, valgono come parte del nome. … La legge regola la soppressione della Consulta araldica” (XIV disposizione transitoria della Costituzione Italiana, comma 1- 2, e 4). Dunque dall’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana (1° gennaio 1948) per l’Italia i titoli nobiliari hanno perso qualunque rilevanza pubblica; si badi bene, non sono vietati, semplicemente non sono riconosciuti, cioè non sono tutelati nè disciplinati, sono giuridicamente irrilevanti. Ne consegue che sotto il profilo giuridico ogni italiano può lecitamente autoattribuirsi qualunque titolo nobiliare desideri, senza incorrere in alcun reato, salvo eventualmente coprirsi di ridicolo. L’unica forma di tutela che permane è quella relativa ai “predicati nobiliari” (esempio: Rossi di Vallelupa), che a determinate condizioni possono essere riconosciuti e divenire parte del cognome (cosiddetta cognomizzazione). Da notare che però la “disposizione” costituzionale non menziona lo status nobiliare, lasciando qualche incertezza interpretativa, infatti non essendo menzionato, non si può dire venga negato, e formalmente – a differenza di quanto accaduto per i titoli nobiliari – non viene neppure indicato esplicitamente come irrilevante; ed anche la rivendicazione dell’uguaglianza fra tutti i cittadini italiani non risulta conflittuale con la status nobiliare di un individuo o di un casato, laddove tale status non origini discriminazione di trattamento di alcun tipo e in alcun ambito, come in effetti è oggi. In tale quadro vi è chi sostiene che lo status nobiliare individuale e familiare possa essere tutt’oggi oggetto di riconoscimento e tutela pubblica, soprattutto nei casi di individui (ormai pochi) o casati, che già erano stati riconosciuti come nobili dallo Stato (sebbene nella precedente forma del Regno), tanto più che l’organo pubblico chiamato a gestire tali riconoscimenti (la Consulta Araldica menzionata nella citata XIV disposizione provvisoria della Costituzione Italiana) a tutt’oggi non risulta formalmente soppressa, ma solo non più rinnovata. . |
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