Lo stemma di monsignor Alberti

Lo scorso 21 settembre papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Oppido Mamertina-Palmi presentata da mons. Francesco Milito. Contestualmente il papa ha nominato vescovo di Oppido Mamertina-Palmi il don Giuseppe Alberti, del clero della Diocesi di Padova, parroco di Santa Maria Assunta in Solesino.

Don Giuseppe Alberti è nato il 17 giugno 1965 a Este, in provincia e Diocesi di Padova. Dopo aver frequentato il Seminario Minore di Padova, ha concluso il ciclo di studi in Filosofia e Teologia presso il Seminario Maggiore. È stato ordinato sacerdote il 10 giugno 1990 per la Diocesi di Padova.

Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Assistente nel Seminario Minore di Padova (1995-1998); Licenza in Teologia Pastorale presso la Facoltà Teologica del Triveneto; dal 2000, Missionario fidei donum in Ecuador per seguire il processo formativo dei seminaristi della Diocesi di Tulcán nel Seminario Nuestra Señora de la Paz ed insegnare di materie filosofiche e teologiche; Rettore del Seminario Maggiore e Collaboratore Pastorale nelle Parrocchie di Tulcán; Coordinatore degli studi e membro del Collegio dei Consultori; Membro dell’organizzazione e del coordinamento della fase diocesana e nazionale del III Congresso Missionario Americano di Quito (2008); dal 2011, Moderatore dell’Unità Pastorale di Villafranca Padovana; dal 2013, Vicario Foraneo del Vicariato di Limena. Attualmente è Parroco di Santa Maria Assunta in Solesino.

Don Alberti verrà ordinato vescovo domenica 19 novembre, nella basilica  cattedrale di Padova, per l’imposizione delle mani e la preghiera di mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, cui si uniranno mons. Antonio Mattiazzo, arcivescovo-vescovo emerito di Padova e mons. Francesco Milito, vescovo emerito e amministratore apostolico di Oppido Mamertina – Palmi. Domenica 10 Dicembre, invece, mons. Alberti farà l’ingresso nella Sua nuova diocesi.

In vista dell’ordinazione è stato presentato anche l’emblema araldico che il nuovo prelato utilizzerà durante il suo ministero episcopale, presentazione che di seguito riprendiamo:

BLASONATURA

Inquartato d’azzurro e di rosso, alla croce diminuita d’oro: nel I all’agnello pasquale dal capo rivolto d’argento, nimbato d’oro alla croce potenziata di rosso, coricato sul libro dell’Apocalisse del penultimo, con sette pendenti (sigilli) d’argento, crocettati di rosso, tenente con le zampe anteriori un’asta cimata di una croce d’oro, posta in sbarra, di un vessillo bifido d’argento, alla croce di rosso; nel II alla conchiglia di san Giacomo d’argento; nel III al mastio al naturale, chiuso e finestrato di nero (7), con due torrette a due merli alla guelfa, caricato di un ramo di palma del primo, posto in banda; nel IV alla stella (8) d’oro. Lo scudo, accollato ad una croce astile trilobata d’oro e gemmata di rosso, è timbrato da un cappello di verde, con cordoni e nappe dello stesso, in numero di dodici, disposte sei per parte, in tre ordini di 1, 2, 3. Sotto lo scudo, nella lista bifida e svolazzante d’argento, il motto in lettere maiuscole di nero: “EUNTES ERGO EGO VOBISCUM SUM”.

LE FIGURE

Agnello pasquale (Agnus Dei)

In araldica, l’agnello è simbolo di innocenza e mansuetudine. In campo religioso è stato simbolo, oltre che di Gesù, degli Apostoli, dell’Eucaristia, della castità e dei Martiri.

“L’agnello, entrato nella Liturgia come simbolo di Cristo, si incontra nell’inno Gloria in excelsis, al momento della comunione nella Messa con la triplice ripetizione dell’Agnus Dei e soprattutto nella Liturgia di Pasqua”[1].

“L’agnello di Dio simboleggia Cristo già nelle catacombe romane; nell’iconografia bizantina, a partire dal Concilio di Trullo della fine del sec. VII, si vietò di raffigurare Cristo come agnello. In Occidente, invece, l’agnello pasquale che trionfa e sorregge la bandiera della vittoria sulla morte è un simbolo popolare della Resurrezione, impiegato in qualità di amuleto quando viene fabbricato con cera benedetta”[2].

Conchiglia di san Giacomo

La conchiglia, in araldica, simboleggia la concordia e l’unione[3], oltre che l’amore e la nascita. Usato quale utensile, sin dai primordi, nelle cerimonie del sacramento del Battesimo, per cospargere d’acqua il capo di colui che riceveva tale sacramento, divenendone un simbolo.

Nei miti greci e romani le conchiglie erano un simbolo di prosperità, di rinascita e, se associate al mare, indicavano la fonte della fertilità. Tutti proveniamo dal mare e la conchiglia riporta all’idea del grembo materno e della nascita dell’umanità.

Infatti “il simbolismo cristiano (…) considerò il guscio della conchiglia come immagine della tomba che raccoglie l’uomo dopo la morte, prima della resurrezione”[4].

L’appellativo di conchiglia di san Giacomo nasce da un antico racconto popolare, dove si narra che i discepoli del santo, quando approdarono sulle coste della Galizia, dove vi avevano trasportato dall’Oriente i resti mortali dell’Apostolo, trovarono il sarcofago interamente ricoperto dalle valve di questo mollusco.

Sempre tale conchiglia – che si pesca nelle coste della Galizia – divenne il simbolo del “Cammino di Compostela”[5]. All’inizio era un premio per aver concluso con successo il pellegrinaggio alla tomba di san Giacomo, e unica prova di tale viaggio, dato che la vendita era proibita in altri luoghi che non fossero Santiago.

Mastio

“Parte fortificata di costruzioni militari in forma di robusta torre. Solitamente rappresenta la parte centrale e più elevata del castello. Non è sinonimo di torre né di torrione”[6].

Palma

“La palma, il ramoscello, il ramo verde sono universalmente considerati come simboli di vittoria, di ascensione, di rigenerazione e di immortalità”[7].

Il mastio, in araldica, simboleggia la forza di Dio, mentre la palma, il martirio. Nello stemma di Mons. Alberti, sono un riferimento al territorio di Oppido Mamertina e di Palmi.

Stella

 “Nelle sculture sui sarcofaghi del primo cristianesimo, sulle lampade e sulle gemme, le stelle simboleggiano l’eterna beatitudine. La stella a sei punte è spesso nell’arte un simbolo mariano; i due triangoli che si intersecano alludono al ruolo di Maria, mediatrice fra cielo e terra”[8].

La stella, secondo la dotta scienza documentaria dalla Storia che è l’araldica, simboleggia la mente rivolta a Dio, la finezza d’animo e azioni sublimi, senza dimenticare Maria, la Madre di Dio, che è chiamata anche la stella del mattino. Nell’araldica ecclesiastica la stella maggiormente usata è quella ad otto raggi che rappresenta il Salvatore, senza dimenticare le otto beatitudini evangeliche, pur riscontrandosi anche scudi prelatizi con stelle a sei punte.

Possiamo ancora affermare che l’otto “è il numero della resurrezione del Salvatore, ma anche quello di tutta l’umanità”[9].

Come l’uomo, così il simbolo è anche ciò che è stato per essere autenticamente ciò che sarà.

Necessita quindi fare memoria e speranza di questa sorgente ricchissima e inesausta, a cui è possibile attingere ancora per il nostro oggi.

                                                                                              Giorgio ALDRIGHETTI

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Blasonatura ed esegesi a cura dell’araldista Gr. Uff.le Giorgio Aldrighetti Miniature a cura dell’araldista M.o Enzo Parrino


[1]  M. Lurker, Dizionario delle Immagini e dei Simboli Biblici, p. 6, Milano 1990, voce Agnello.
[2]  H. Biedermann, Enciclopedia dei simboli, Milano 1991, p. 13, voce Agnello.
[3]  L Caratti di Valfrei, Dizionario di Araldica, cit., p 62, voce Conchiglia.
[4]  H. Biedermann, Enciclopedia dei simboli, cit., p.134, voce Conchiglia.
[5] “Il Cammino di Santiago ha un profondo significato religioso; infatti nacque come pellegrinaggio in onore dell’Apostolo Giacomo il Maggiore, i cui resti sono conservati nella cattedrale della città di Santiago di Compostela”.
[6] C. Tibaldeschi, DIZIONARIO ARALDICO IAGI, Milano 2020, p. 266. voce Maschio.
[7]  J. Chevalier – A. Gheelbrant, Dizionario dei simboli, Milano 1994, vol. secondo, p. 180, voce Palma.
[8] M. Lurker, Dizionario delle Immagini e dei Simboli Biblici, cit., pp. 204-205, voce Stelle.
[9]  M. Feullet, Lessico dei simboli cristiani, Roma, 2007, p.81, voce Otto.


Scheda di approfondimento
Giorgio Aldrighetti

Aldrighetti

Classe 1943, socio ordinario dell’Istituto Araldico Genealogico Italiano, membro del Comitato scientifico del periodico “Nobiltà”, consulente araldico del Corpo della Nobiltà Italiana – Associazione Nobiliare Regionale Veneta, e dell’Ordine di Malta (Gran Priorato di Lombardia e Venezia), ha fornito numerose consulenze soprattutto nell’ambito dell’araldica ecclesiastica ed è autore di una ottantina tra monografie e saggi.
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Scheda biografica
Enzo Parrino

Parrino Enzo

Vincenzo (detto Enzo) Parrino, nato all’inizio degli anni ’70, di Monterotondo alle porte di Roma, disegnatore araldico per passione, specializzato nell’ambito dell’araldica religiosa, ha iniziato a collaborare dal 2008 con il portale “Araldica Vaticana”, prima di divenirne il curatore dal 2016.

Ha eseguito numerosi disegni gentilizi e soprattutto ecclesiastici, in diversi casi curandone anche l’ideazione, ed ha pubblicato innumerevoli volumi dedicati all’araldica ecclesiastica dando vita ad un ambizioso progetto di censimento mondiale delle insegne araldiche dei vescovi cattolici, progetto premiato anche con il “Gran Premio Scudo d’Oro” edizione 2019.
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Scheda di approfondimento
L’araldica ecclesiastica

L’araldica ecclesiastica è una specifica branca dell’araldica che si occupa degli stemmi appartenenti a persone o istituzioni del mondo ecclesiale, stemmi caratterizzati da ornamentazioni esterne sostanzialmente costanti e che esprimono un preciso codice giuridico, in grado di rendere immediatamente identificabile grado e funzione del titolare.

Limitatamente all’araldica della Chiesa Cattolica, gli elementi essenziali di tale codice sono:

La tiara o triregno è l’ornamento araldico ad uso esclusivo del Papa, che sormonta il relativo stemma, ed è costituita da un copricapo a forma di cupola che sorregge tre corone sovrapposte. Benedetto XVI e Francesco hanno sostituito la tiara con una mitra caricata di tre fasce d’oro che richiamano le originarie tre corone.

Il galero, ovvero il cappello ecclesiastico è un cappello da pellegrino con la tesa molto lunga e due cordoni laterali che terminano con una serie di fiocchi o più propriamente nappe. Posto sulla sommità ornamento dello scudo il galero consente l’immediato riconoscimento del grado del titolare dello stemma grazie al colore e al numero delle nappe o fiocchi.

Il colore del galero (di norma il medesimo delle nappe) indica:
> rosso per i cardinali;
> verde per gli arcivescovi, i vescovi e i patriarchi;
> paonazzo per i monsignori;
> nero per i presbiteri.

Il numero di nappe per lato indica:
> 15 nappe rosse per i cardinali;
> 15 nappe verdi per patriarchi e primati;
> 10 nappe verdi arcivescovi;
> 6 nappe verdi vescovi e abati mitrati;
> 6 nappe paonazze cappellano di Sua Santità;
> 6 nappe nere vicario generale, vicario episcopale, abate;
> 3 nappe parroco;
> 1 nappa presbitero.

Le Chiavi sono raffigurate incrociate, una d’oro a destra e un’altra d’argento a sinistra, con le impugnature rivolte verso il basso. Si pongono dietro o sopra lo scudo papale.

La croce posta in palo dietro lo scudo, può essere:
> semplice cioè ad una traversa per i vescovi
> doppia cioè a due traverse per i cardinali, i patriarchi e gli arcivescovi.

Stemma papale base
Impostazione classica di un stemma papale
Stemma cardinalizio base
Impostazione classica di uno stemma cardinalizio di un arcivescovo
Stemma arcivescovile base
Impostazione classica di uno stemma arcivescovile

Stemma vescovile base
Impostazione classica di uno stemma vescovile

Stemma di vicario base
Impostazione classica di uno stemma di un vicario episcopale

Stemma di parroco base
Impostazione classica di uno stemma di un parroco

Stemma di sacerdote base
Impostazione classica di uno stemma di un sacerdote


Accanto a questi elementi principali ve ne sono altri di uso più limitato, come pure vi sono ulteriori configurazioni specificatamente riservate a cariche meno note, e non mancano un certo numero di eccezioni e deroghe concesse a titolari di cariche legate ad istituzioni specifiche.

I disegni di questa scheda sono stati realizzati da Teresa Morettoni e Davide Bolis (per il solo stemma vescovile).
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Lo stemma di monsignor Giuseppe Alberti ideato con l’assistenza di Giorgio Aldrighetti e disegnato da Enzo Parrino: “Inquartato d’azzurro e di rosso, alla croce diminuita d’oro: nel I all’agnello pasquale dal capo rivolto d’argento, nimbato d’oro alla croce potenziata di rosso, coricato sul libro dell’Apocalisse del penultimo, con sette pendenti (sigilli) d’argento, crocettati di rosso, tenente con le zampe anteriori un’asta cimata di una croce d’oro, posta in sbarra, di un vessillo bifido d’argento, alla croce di rosso; nel II alla conchiglia di san Giacomo d’argento; nel III al mastio al naturale, chiuso e finestrato di nero, con due torrette a due merli alla guelfa, caricato di un ramo di palma del primo, posto in banda; nel IV alla stella d’oro”. (Blasonatura ufficiale)
10 Novembre 2023
Giovanni Moneta

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