Nuovo stemma per l’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano

L’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano è un’unione di comuni istituita il 12 marzo 2014 per volontà di nove comuni della provincia di Reggio Emilia: Castelnovo ne’ Monti, Carpineti, Casina, Toano, Ventasso (nato nel 2016 dalla fusione dei comuni di Busana, Collagna, Ligonchio e Ramiseto), Vetto e Villa Minozzo.

Il nuovo ente, subentrato alla disciolta Comunità montana dell’Appennino Reggiano nata nel 1993, conta oggi poco più di 33.000 abitanti, e recentemente è stato oggetto di una concessione da parte del Presidente della Repubblica di un proprio emblema araldico e di un proprio gonfalone.

Per quanto attiene all’insegna araldica, essa è ispirata a quella in precedenza utilizzata dalla disciolta Comunità montana dell’Appennino Reggiano, che a sua volta aveva adottato un simbolo grafico di derivazione precristiana, che pare fosse considerato benaugurante, e che è testimoniato su numerosi manufatti lapidei del territorio, ed in particolare su diversi architravi di abitazioni antiche, noto anche come “rosa celtica”.

La nuova insegna è stata accompagnata da una blasonatura ufficiale, che riportiamo di seguito:

D’argento, al bisante dello stesso, bordato di nero, caricato dal fiore a sei petali di verde, bottonato dello stesso; alla bordura di verde caricata sette bisanti d’argento, posti ai lati 3 e 3 ed 1 in punta. Lo scudo è timbrato dalla corona all’antica di sette punte visibili d’oro. Sotto lo scudo due fronde di alloro e di quercia, di verde, fruttate d’oro, decussate in punta, legate dal nastro tricolorato dai colori nazionali.

stemma
Stemma dell’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano in un bozzetto provvisorio

Il gonfalone invece è stato accompagnato dalla seguente descrizione:

Drappo di bianco, riccamente ornato di ricami d’oro e caricato dallo stemma sopra descritto con l’iscrizione centrata in oro, recante la denominazione dell’Unione. Le parti di metallo ed i cordoni saranno dorati. L’asta verticale sarà ricoperta di velluto del colore del drappo, con bullette dorate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma dell’Unione e sul gambo inciso il nome. Cravatta con nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d’oro.


Scheda di approfondimento
L’araldica civica italiana

Stemma vuoto di comune

L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti.

Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica.

Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26.

Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato.

L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici:

1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno …

2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed
i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a
ciascuno spettante, come di seguito descritta:
a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e
uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati
e ricadenti all’infuori:

Corona di Provincia
b) comune insignito del titolo di città: corona turrita,
formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero:

Corona di città
c) comune: corona formata da un cerchio aperto da
quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro
sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte
(nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a
coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero:

Corona Comune

3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica.

4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le
bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città.

Gonfalone comunale

Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo.

Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali.

Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”.

I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011.

Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011
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Stemma dell’Unione Montana dei Comuni dell’Appennino Reggiano: “D’argento, al bisante dello stesso, bordato di nero, caricato dal fiore a sei petali di verde, bottonato dello stesso; alla bordura di verde caricata sette bisanti d’argento, posti ai lati 3 e 3 ed 1 in punta. Lo scudo è timbrato dalla corona all’antica di sette punte visibili d’oro. Sotto lo scudo due fronde di alloro e di quercia, di verde, fruttate d’oro, decussate in punta, legate dal nastro tricolorato dai colori nazionali”. (blasonatura ufficiale)
1 Aprile 2022
Raffaele Coppola

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