Precisazioni sull’Unione della Nobiltà d’Italia

Nel 1985 a Madrid si tenne il Congresso della CILANE ed ivi un gruppo di persone a quei tempi membri del Circolo Giovanile del Corpo della Nobiltà Italiana ovvero il Principe Don Alberto Giovanelli, Cristoforo Biandrà dei Conti di Reaglie, Domenico Cavazzoni Pederzini, Patrizio di Modena, il nobile Ulrico de Portis de’ Schiavoni ed il sottoscritto lanciarono le basi per ricreare l’Unione della Nobiltà d’Italia, utilizzando il nome dell’UNI confluita nel Corpo della Nobiltà Italiana – CNI perché a detta di Giovanelli (allora presidente del Circolo Giovanile CNI) e Biandrà (allora segretario del Circolo Giovanile CNI) non erano stati mantenuti gli accordi di fusione (non è qui il luogo per raccontare queste vicende).
A Milano consigliati dal notaio Gallizia il 14 febbraio 1986 fondammo l’associazione denominata Unità Nobiliari Italiche con sigla UNI con presidente Alberto Giovanelli che alla prima assemblea generale tenuta lo stesso giorno mutò il nome in Unione della Nobiltà d’Italia – UNI. Alla nuova associazione aderì immediatamente Carlo Tibaldeschi (e molti appartenenti alla storica UNI che non avevano aderito al CNI).

L'emblema dell'Unione della Nobiltà d'Italia fondata nel 1986

L’emblema dell’Unione della Nobiltà d’Italia fondata nel 1986

I fondatori comunicarono a tutte le associazioni aderenti alla CILANE la nascita della nuova associazione a cui seguì la protesta del Corpo della Nobiltà Italiana (che oggi, con il senno di poi, dico avere avuto piena ragione); seguirono poi altri incontri fra l’UNI e il CNI per vedere se si riusciva a mediare ma tutti finirono in un nulla di fatto. Solo l’Asociacion de Hidalgos a fuero de España di Madrid (allora parte della CILANE) – che ha sempre stimato il nostro operato – firmò un accordo di reciprocità, ma che io non volli mai applicare perché la nostra UNI che aveva giustamente criteri di ammissione molto aperti (ad esempio bastava essere membro di una categoria nobiliare di un ordine cavalleresco per farne parte perché noi non entravamo nel merito se vi fossero state sanatorie), ben diversi dal rigore spagnolo.
Nel 1986 il Ballo annuale dell’UNI si era svolto nel Castello di Serravalle proprietà del nostro vice presidente Domenico Cavazzoni Pederzini, ma essendo un evento che cambiava sede di volta in volta, per quanto era successo nessuna famiglia che prima era ben disposta nell’offrirci la casa per il nostro ballo era dopo disposta ad aiutarci. Da questa situazione rinacque il Ballo dei Cento e non più Cento a Casale Monferrato che fu il ballo dell’UNI sino al 1990, per diventare poi il ballo della Junta de Italia degli Hidalgos.

Da sinistra Domenico Cavazzoni Pederzini, Diego de Vergas Machuca e Pier Felice degli Uberti all'edizione 1990 del Ballo dei Cento e non più Cento

Da sinistra Domenico Cavazzoni Pederzini, Diego de Vergas Machuca e Pier Felice degli Uberti all’edizione 1990 del Ballo dei Cento e non più Cento

A questo proposito ricordo il bellissimo articolo – sebbene con qualche imprecisione – di Lina Sotis sul Corriere della Sera dell’11 settembre 1987 che scriveva:

L’Unione monarchica ha organizzato un grande ballo per garantire serena vecchiaia ai soci – Nobile decaduto cerca Vip di “sangue verde dollaro”

MILANO. – La busta bianca con l’indirizzo a mano, scritto in bella calligrafia, lasciava prevedere che dentro vi fosse un invito di inizio stagione. Ma per quasi tutti i 2500 “fortunati” di nome solido, dovizioso o, soltanto, di molte pretese, è stata una sorpresa scoprire di che genere d’invito si trattava. “L’Unione della Nobiltà d’Italia sotto la presidenza onoraria di S.A.R. Vittorio Emanuele di Savoia Principe di Napoli e il Circolo Giovanile invitano… al ballo sabato 3 ottobre 1987 dalle ore 21 nei saloni del Palazzo Gozzani di Treville sede dell’Accademia Filarmonica di Casale Monferrato, via Mameli 22, a beneficio della erigenda Casa di riposo Umberto II in Casale Monferrato”. Per completare la pomposità dell’invito, in fondo a sinistra, era scritto, in rilievo: “Cravatta nera”. In fondo a destra era vergato: R.S.V.P. (rispondere per piacere, seguito da due numeri di telefono). Di questi inviti ne sono stati spediti, come dicevamo, 2500. Solo 300 persone, fra queste, non hanno battuto ciglio trovando l’appuntamento perfettamente naturale. Erano i 300 che l’altro anno, convocati nello stesso modo, parteciparono al ballo al Castello di Serravalle vicino a Modena. Quest’anno l’Unione Nobiltà d’Italia e il suo presidente il principe Alberto Giovannelli hanno voluto fare le cose in grande ed allargare anche a chi non ha blasone antico ma beni moderni l’invito che normalmente riuniva solo sangue blu. Se la “nobiltà” non ha avuto soprassalti, i “sangue verde dollaro” hanno in un primo momento pensato ad uno scherzo o ad uno errore nell’indirizzo: nessuno sbaglio, anche l’Unione della Nobiltà d’Italia si è computerizzata e ha deciso di ampliare i suoi orizzonti mondani. Un buon professionista di questi tempi vale come un conte; il giovane figlio (scapolo) di un grosso industriale è meglio di un principino dall’albero genealogico che risale ai crociati. Nei nuovi inviti che riguardano gli adulti non è stato inserito nessun nome degli ultimi “arrivati” a grande effetto, mentre, più democraticamente, fra i più di 500 giovani e giovinette, chiamati per la prima volta, vi è di tutto. (Anche qualche papà un po’ chiacchierato). Per partecipare alla loro festa e alla futura loro serenità nella Casa di riposo Umberto II, l’UNI chiede un’offerta di 75mila lire. “Un prezzo sobrio – dice il principe Alberto Giovannelli – come deve essere sobria la vita delle persone eleganti”. Giovannelli, 47 anni, ma uno spirito monarchico millenario che non ha avuto mai cedimenti nemmeno davanti a poco reali e più “neri” fatti di cronaca, fa il suo dovere di presidente con grande passione. E così si scopre che conviene di più essere iscritti alla sua associazione (sangue blu permettendo) che ai sindacati. L’UNI si preoccupa, infatti, anche di provvedere, e di aiutare come può, i nobili in disgrazia che non possono pagare l’affitto. Non sono poche le volte – racconta il principe – che si addossa anche le spese di esequie di conti, marchesi, baroni e nobildonne che, a parte tanta storia alle spalle, non hanno niente sulla terra”.

Nel 1988 il Ballo si tenne a Villa Sormani a Missaglia e proprio questo evento ed altre discussioni all’interno del Consiglio Direttivo furono il motivo del contrasto che fece decidere ad Alberto Giovanelli di uscire dall’Unione della Nobiltà d’Italia e fondare con altre persone che non erano state soci della storica UNI (1951) la sua nuova Unione della Nobiltà d’Italia, e da allora ne ha mantenuto la carica di presidente e non ha mai svolto una visibile attività sociale.
Tuttavia il Principe Alberto Giovanelli è sempre rimasto con noi il caro amico di sempre ed ha partecipato a tantissimi dei nostri eventi.
Resomi conto che stavamo usando un nome di una associazione confluita nel CNI nel 1980, ho poi preferito proporre la mutazione della ragione sociale, perché non avevamo certo bisogno di usare un nome storico per seguire il nostro progetto così l’Unione della Nobiltà d’Italia – UNI il 26 novembre 2003 si è trasformata in Famiglie Storiche d’Italia – FSI proprio perché come ripetiamo “L’interesse sempre crescente per la storia di famiglia è uno degli aspetti più caratteristici del movimento culturale contemporaneo ed in questo senso il ruolo delle famiglie storiche non può essere considerato esaurito. Esso infatti, alla luce della Costituzione della Repubblica Italiana, può assumere un significato importante per la società riallacciandosi idealmente ai ceti dirigenti del passato ed a quanto essi hanno prodotto con le loro opere contribuendo a scrivere la storia del nostro Paese”. Ed aggiungo che il 24 giugno 2009 l’Asociación de Hidalgos a fuero de España – Junta de Italia si fuse per incorporazione con Famiglie Storiche d’Italia
Con l’uscita di Alberto Giovanelli come logico il vice-presidente Domenico Cavazzoni Pederzini ne assunse la presidenza e trasferì la sede a casa sua, ovvero nel Castello di Serravalle, ed ecco perché il cavaliere del nostro logo rappresenta proprio l’antico cavaliere di Serravalle.
Continuarono i successi del Ballo dei Cento e non più Cento e proprio l’edizione 1989 che è la prima che vede la partecipazione di tanti membri di Case già Sovrane e che venne raccontata da tanti giornali, fra i quali merita leggere quanto scrive Mauro Facciolo su La Stampa:

Tra sabato e domenica, festa fino alle 4 del mattino a palazzo Treville Casale, la notte dei nobili. Oltre 250 i partecipanti al ballo, fra cui due principesse spagnole, parenti del re – Tra smoking e abiti neri spunta qualche minigonna – A mezzanotte torta a sorpresa per i 18 anni di donna Ines di Borbone

CASALE – Nell’anno del duecentesimo anniversario della rivoluzione francese un “ballo dei nobili” fa notizia. A Casale si è svolto sabato sera e, pur non avendo alcun intento rievocativo, passerà certo agli annali come massimo appuntamento mondano dell’anno del bicentenario. Si comincia alle nove di sera, fra tartine e salatini, per arrivare alle quattro del mattino con una fumante cioccolata. Non manca, verso le dieci, uno spuntino con risotto ai funghi, saltimbocca alla Filarmonica e cinghiale con crostini di mais. Dopo le undici partono le danze. Verso l’una, nuovo spuntino, con spaghetti alla napoletana. I vini sono di Leporati, dallo chardonnay al grignolino. Nessuna concessione a più o meno storiche “brioches”. Oltre 250 9 partecipanti, che affollano palazzo Treville. Tra loro diversi esponenti della nobiltà e dell’imprenditoria italiana (c’era Tonino Lamborghini, “re” dei trattori). Giovanissimi rampolli e seriosi nobiluomini, sfoggianti commende, in smoking impeccabili. Sobri abiti neri per le dame, ma non mancano “decolleté” che calamitano gli sguardi, alcune audaci scollature e perfino qualche minigonna (rigorosamente in nero, però). Un paio di signore in “lamé”. Pochi gioielli. Gli sguardi di tutti si accendono verso le ventidue, quando entrano le ospiti d’onore. Sono le “loro altezze reali” principessa Cristina di Borbone Due Sicilie y Orleans e la sorella, principessa Ines, madrilene imparentate con la casa reale spagnola. Il padre è cugino del re. “Don Carlos duca di Calabria, genitore delle principesse, è un principe che sa stare al suo posto, benvoluto dall’intera Corte. E anche loro non sono principesse da scandalo”, assicura Pier Felice degli Uberti, instancabile organizzatore della serata. Donna Ines ha 17 anni. Alta, slanciata, indossa un lungo abito fucsia e tra i capelli nerissimi ha un nastro dello stesso colore. Eleganti orecchini a forma di cuore. La sorella, donna Cristina, 22 anni, bionda, fermacapelli di raso nero, castigata camicetta blu e lunga gonna nera “plissé”, ha al collo una croce di smalto blu su cui spicca un giglio bianco, emblema di casa Borbone. Sono pronte al sorriso, pazienti con tutti; grazie ad un interprete ovviamente titolato, Francesco Perez de Los Cobos y Orihuel, si scopre che a Madrid conducono la stessa vita di tante altre ragazze spagnole. La principessa Cristina lavora in una casa di moda; la sorella è all’ultimo anno di liceo classico. A Casale debbono invece calarsi appieno nei loro panni reali. Posano pazientemente per le foto ricordo, accettano qualche invito per il ballo e se ne vanno verso l’una e un quarto, tra sguardi ammirati (“come sono giovani e belle” si lascia sfuggire un’anziana nobildonna locale). Per sua altezza reale Ines non è mancata la sorpresa di mezzanotte: un’enorme torta con lo stemma dei Borboni circondato da diciotto candeline rosa. Con qualche settimana d’anticipo, Casale ha voluto essere la prima città a festeggiare i suoi 18 anni. Intanto, in una sala appartata, la maga Carima fa le carte a nobili e borghesi”.

Per farla breve dirò ancora che furono presidenti Domenico Cavazzoni Pederzini dal 1988 alla morte avvenuta il 5 maggio 1990; Carlo Tibaldeschi dal 1990-1991; Bianca Maria Rusconi dal 1991 al 1998; Diego de Vargas-Machuca dal 1998 al 2003.

famiglie storiche

L’emblema di “Famiglie Storiche d’Italia”

Nello stemma di Famiglie Storiche d’Italia – FSI è mantenuta la memoria del nostro passato ovvero il cavaliere dell’UNI con lo scudo con l’acronimo UNI e le mandobles degli hidalgos.
La nostra UNI non ha mai fatto proseliti ma ha sempre aperto le porte a tutti coloro che avendone i requisiti ne avessero chiesto di farne parte. Non esaminavamo “prove nobiliari”, ma accettavamo nuovi soci le cui famiglie erano già state “certificate” dallo Stato, o da altri enti nobiliari.
In tanti anni abbiamo svolto eventi culturali e sociali in ambito nazionale ed internazionale, ma la nostra attività principale era ed è l’aiuto discreto verso chi aveva bisogno e per questo ritengo giusto che si sappia quanto abbiamo realizzato discretamente con la nostra benemerita Unione della Nobiltà d’Italia – UNI (oggi Famiglie Storiche d’Italia – FSI) in 17 anni di vita.

Leggi anche: Le U.N.I. sono due

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2 Maggio 2015
Pier Felice degli Uberti

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